Con l’arte per sopravvivere alla guerra: la storia di Anna Briukhovetska
Con l’arte per sopravvivere alla guerra: la storia di Anna Briukhovetska
L’artista ha continuato a dipingere anche dopo l’inizio della guerra il 24 febbraio, disegnando i sentimenti di un popolo in preda alla disperazione e al dolore del conflitto. DVArea ha scelto di supportare la sua arte in questa fase di distruzione. L’arte edifica, innalza, costruisce ponti, erige futuri e speranze.
«È molto difficile descrivere la nostra vita oggi, tutto è cambiato. Il dolore è grande». A parlare è la pittrice Anna Briukhovetska, artista ucraina, nata a Donetsk, cittadina di Odessa. La guerra ferisce l’anima, ma Anna, nonostante tutto, ha sempre continuato a usare la pittura come medicina.
Supportare l’arte è una scelta di campo, in questa fase di distruzione. L’arte edifica, innalza, costruisce ponti, erige futuri e speranze. Sul questa scia, DVArea, come società benefit, consapevole che la cultura sia un bene caratterizzato sia da un godimento privato che da un valore sociale, ha deciso di sostenere la creatività della Briukhovetska.
Il quadro di Anna esposto all’interno del nostro studio
Mentre le comunità venivano distrutte, Anna continuava con colori e pennelli. D’altronde la storia della guerra si è sempre intrecciata quasi incessantemente a quella delle città, come raccontano bene, tra le tante, le tante vicende lontane come quelle di Cartagine (durante la terza guerra punica) piuttosto che di Stalingrado (Seconda guerra mondiale).
Anna, per prima cosa le chiediamo dove era quando è scoppiata la guerra?
Il 24 febbraio siamo stati svegliati dalle esplosioni. Si piangeva, si gridava. Eravamo sotto choc. I nostri sentimenti erano quelli della paura e dolore. Sentimenti che provavamo già da tempo, già sentiti diversi anni prima nella regione di Donetsk.
Cosa ha fatto nei giorni seguenti?
La prima cosa che ho fatto è arruolarmi come volontaria nella difesa territoriale di Odessa. Dieci giorni dopo con l’inizio delle ostilità in tutta l’Ucraina ho deciso di andare al sicuro in Romania con mia figlia. Ho dipinto senza sosta realizzando una serie di pitture che riflettevano i miei sentimenti dall’inizio della guerra: la disperazione, il dolore della separazione, la paura, la fede, l’amarezza della perdita, la rabbia, l’amore e la libertà. Alcuni di questi lavori si trovano già in alcune collezioni private in Germania, negli Stati Uniti e in Canada. Parte dei miei profitti vengono donati sempre al fondo di volontari per aiutare i militari ucraini. Adesso sono ritornata in Ucraina, a casa mia, ad Odessa. Non c’è ancora sicurezza, io e la mia famiglia abbiamo deciso di affrontare questi momenti difficili insieme. Lavoro a una nuova serie di dipinti che si chiamerà “La vita tra gli allarmi dei raid aerei”.
Città inclusive, resilienti e sostenibili. Sono le categorie usate per le città in pace. Oggi per lei è difficile parlare di Donetsk e Odessa, ma ci può raccontare come erano prima della guerra?
È molto difficile parlare della mia vita prima della guerra. Ho difficoltà a metterla a fuoco. Donetsk era il più grande centro industriale e commerciale dell’Ucraina con un’infrastruttura moderna, vitalità e cultura: hotel, ristoranti con standard europei, cinema e teatri, lo stadio Donbass Arena, che ha addirittura ospitato partite degli Europei del 2012 e la scuola di balletto del Donetsk, riconosciuta anche all’estero, facevano parte della sua straordinarietà. Oggi la regione è depressa ed è stata privata di tutte le sue ricchezze e di tutta la sua attività produttiva. Le fabbriche sono state saccheggiate e la maggior parte delle miniere sono state inondate. Il nostro business di famiglia si è dovuto fermare, le nostre proprietà sono state nazionalizzate dal nuovo governo di questa repubblica ora irriconoscibile. Prima della guerra, Odessa era il più grande centro turistico, culturale e storico dell’Ucraina. Turismo, festival, mostre internazionali, bellissime spiagge oggi abbandonate per paura delle mine.
Si è parlato di urbanizzazione del conflitto, oggi la guerra si combatte sempre più dentro le città. Quali conseguenze?
Le conseguenze sono devastanti in termini di vittime civili e distruzione di edifici e infrastrutture non militari. Siamo tutti in pericolo ogni giorno e ogni notte.
C’è il rischio oggi che le città ucraine diventino l’occasione di una nuova coniugazione del concetto di urbicidio? Cioè, il conflitto, secondo lei, darà luogo alla riduzione in macerie delle città come modo per cancellarne l’identità ucraina?
Sì, certo, questo è il rischio. La guerra della Russia contro l’Ucraina è un genocidio. Distruggono scuole, università, teatri e musei proprio con questo obiettivo. I territori occupati stanno facendo esperienza della violazione dei diritti umani. Che sia chiaro: noi non stiamo solo combattendo per la nostra terra e la nostra libertà. Noi stiamo combattendo per mantenere in vita la nostra cultura e l’arte è uno strumento fondamentale.
Arte e guerra, già Goya con i disastri della guerra, Picasso con la Guernica, hanno dato voce al dolore più atroce. Come ha influito il conflitto nel suo linguaggio artistico?
Ovviamente gli sviluppi militari hanno una grande influenza su di me perché la mia arte riflette sempre i miei sentimenti. Oggi utilizzo colori più forti, più brillanti con più contrasti. Non posso dire che lo stile sia cambiato: i ritratti delle donne rimangono il mio soggetto più importante, tuttavia le donne sulle mie tele riflettono il mio stato d’animo e lo stato d’animo di ogni donna ucraina. E i loro occhi sono spesso pieni di lacrime, ma hanno ancora la luce della speranza.
Intervista raccolta da Francesca Fradelloni, PPAN
Per conoscere meglio Anna Briukhovetska
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