Partnering e collaborazione tra committente, progettista e impresa: una soluzione possibile per il futuro della filiera delle costruzioni?

Partnering e collaborazione tra committente, progettista e impresa: una soluzione possibile per il futuro della filiera delle costruzioni?

L’aumento dei prezzi e la scarsità delle materie prime, sta portando i protagonisti del settore a ragionare secondo nuovi paradigmi, nel tentativo di superare meccanismi consolidati e difficili da abbandonare. È fondamentale prendere atto della necessità di un cambio di passo, prima di tutto culturale, che stimoli una maggiore disponibilità nel rendere centrali e trasparenti le informazioni.

L’attuale situazione di mercato ha accelerato un processo che, da diverso tempo, si era innescato nel nostro settore. Le logiche che hanno mosso la filiera negli ultimi 40 anni, stavano già mostrando tutti i loro limiti ben prima del 2020, rispetto ad un mercato in forte cambiamento. È noto a tutti che l’edilizia, seppur trainante per l’economia del nostro Paese, sia tra gli ambiti meno redditizi e tra i meno disponibili al cambiamento. L’aumento dei prezzi e la scarsità delle materie prime, sta portando i protagonisti del settore a ragionare secondo nuovi paradigmi, nel tentativo di superare meccanismi consolidati e difficili da abbandonare. È fondamentale prendere atto della necessità di un cambio di passo, prima di tutto culturale, che stimoli una maggiore disponibilità nel rendere centrali e trasparenti le informazioni. Abbattere gli steccati e favorire nuove logiche di condivisione tra gli attori della filiera, costituiscono passaggi obbligati per un settore che vuole rinnovarsi ed accrescere la propria redditività. 

 

Nuovi schemi contrattuali

Trovo interessanti i nuovi schemi contrattuali che stimolano processi collaborativi, basati sulla condivisione e lo scambio di competenze tra committente, progettista e impresa. Il superamento delle formule tradizionali come il contratto “chiavi in mano”, fondate sulla logica del ribaltamento del rischio sul fornitore, introduce con forza la necessità di maggiore fiducia tra gli attori della filiera, oltre ad una condivisione proporzionale del rischio ed una efficace e trasparente gestione delle informazioni di progetto.

Fig. 1 – Processo di collaborazione tradizionale

Sperimentare dunque nuovi schemi contrattuali partendo dalla formula “open book” associata al “cost plus fee”, impone alla filiera un grande passo in avanti rispetto alla capacità di introdurre processi e strumenti di condivisione e monitoraggio.

È necessario elevare le competenze di tutti gli attori in campo. 

Primi fra tutti i committenti, che attraverso i project manager, hanno un ruolo determinante nell’innesco del processo collaborativo e nel monitorare l’andamento della commessa in tutte le sue fasi. 

Non secondaria la sfida per le imprese, per compartecipare allo sviluppo del progetto e all’aggiornamento delle informazioni durante le fasi di cantiere: oggi le imprese stanno cercando di accorciare la filiera, saltando gli intermediari, lavorando direttamente per industrializzare porzioni di cantiere se non addirittura tutta l’opera. La strada è aperta verso nuove catene di approvvigionamento, eliminando intermediazioni e andando direttamente verso il produttore. Per fare in modo che questo tentativo abbia successo, le imprese devono adeguare le proprie strutture tecnico-manageriali. 

Infine, i progettisti, che in questo quadro rinnovato hanno la possibilità di ritagliarsi un ruolo centrale nel coordinamento del progetto e del cantiere. 

Fig. 2 – Processo di collaborazione circolare

Il progettista come facilitatore

I processi digitalizzati e le metodologie oggi disponibili, come ad esempio il BIM, rendono possibile e virtuosa la collaborazione tra gli attori della filiera, nella quale il progettista, abbandonando logiche di sudditanza, può assumere il ruolo di facilitatore. Ambienti di condivisione dei dati e piattaforme di social collaboration, devono essere adottate non solo dai progettisti per esaltare approcci multidisciplinari, ma anche da committenti e imprese per favorire lo scambio di competenze.

Negli ultimi anni si apprezza un tentativo, timido, di un cambio di rotta rispetto al passato. Nella prima fase in cui è stato introdotto, l’uso del BIM era addirittura finalizzato ad avere uno strumento che fornisse un vantaggio competitivo nell’interlocuzione con la committenza. Una visione distorta che oggi non è del tutto abbandonata. Vedo una crescita esponenziale nella richiesta di progetti digitalizzati, ma non si riscontra altrettanta consapevolezza nell’individuare i vantaggi che questo può dare ai diversi attori. Perdendo di vista la traiettoria predittiva, resa possibile virtualizzando il mondo fisico attraverso i modelli digitali, non si intercettano i vantaggi della metodologia e degli strumenti che oggi abbiamo a disposizione. È sicuramente apprezzabile la scelta di fare un progetto in BIM, ma la committenza, oggi, non è in grado di sfruttare questa opportunità per monitorare i costi e correggere il tiro in progress. Anche l’impresa che, spinta dalla committenza, assume come costo l’onere di restituire un as built in Bim, non usa i modelli per monitorare l’andamento del cantiere, in termini di costi e di ricavi. 

Qualcosa si muove, anche se la strada è ancora molto lunga. La filiera manifesta una struttura non più adeguata al mercato, troppo frammentata e troppo lunga, le cui inefficienze generano costi non più sostenibili. Necessario, quindi, percorrere la strada di forme contrattuali innovative, nella speranza che nuove formule collaborative possano aiutare la filiera a compiere il passo decisivo verso l’innovazione e il cambiamento.

Fig. 3 – Progetto BIM: diversi attori, un unico modello

Armando Casella

15 mar 2023

5' min di lettura

Tag:

#cambiamento #innovazione #costruzioni #filiera #trasparenza #informazioni #fiducia #contratti #competenze #rischio #condivisione #imprese

Armando Casella:

Architect. Co-founder DVArea e CEO DVA. Innovation Manager MISE.